GMCC Gruppo Missionario Caritas Cassago


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Oldonyiro 2000.2

L'esperienza del campo di lavoro del 2000

... continua

Alla mattina la sveglia è di buon'ora (intorno alle 6.30) e dopo una sostanziosa colazione le due jeep predisposte partivano per Kipsing per arrivarci circa due ore dopo. E poi caldo, sudore e fatica...tanta fatica. Tendenzialmente si lavorava 4 ore al mattino e altrettante nel pomeriggio, con una breve pausa per il pranzo.




Ma seppur sotto un sole cocente durante il lavoro non è mai mancato il buonumore, si scherzava, cantava e ci si divertiva con i ragazzi della scuola che facevano da spettatori. Verso le 17 si tornava ad Oldonyiro...stanchi.
E dopo aver cenato le serate trascorrevano silenziose e serene intorno alla casa: chi andava sul serbatoio a guardare le stelle, chi a suonare e cantare in compagnia di una chitarra, chi assorto in un libro, chi immerso in interminabile sfide a carte, chi invece (in tenera compagnia) coltivava nuovi piccoli amori che forse ancora oggi resistono. Il tutto, in una delle tanti notti africane.
Oldonyiro. I "vecchi" del gruppo con varie esperienze africane alle spalle l'hanno definita "il più bel posto che esista in tutto il continente". Forse hanno un po' esagerato trasportati con ardore dalla passione che nutrono per questo comunque incantevole luogo.
Siamo in piena savana qui ad Oldonyiro (come a Kipsing d'altronde, a Wamba, a Dol-Dol, a Ewaso....le varie missioni sparse qui nella zona) ed intorno l'altopiano si estende con dolci ondulazione collinari, tra acace e desertificazione.




Il buon amico Mwangy (detto Rambo per il coltellaccio che aveva sempre con se) ci ripeteva spesso che "in Oldonyiro hakuna matata" (in Oldonyiro nessun problema) e non gli si può dar torto. Basta un salto in quello che possiamo definire il centro abitato (7-8 case in muratura, tutto le altre sono capanne) ed il tempo é lì fermo che ci attende per dissipare dolori e frustrazioni di una vita che a casa nostra corre troppo e senza motivo.
E' piacevole camminare per queste strade battute e scavate, addolcisce l'animo, rallenta i battiti, scalda dentro.
La gente vive di nulla con dignità e fierezza, qui non ci sono i ragazzi di strada che sniffano la colla e non v'è l'alta mortalità da malattie (Aids in primis) che si riscontra nei centri abitati di dimensioni più grandi (Meru, Isiolo, Nanyuki per restare in zona).




Anche qui ad Oldonyiro, un paio di giorni dopo il nostro arrivo, i ragazzi della scuola hanno organizzato una festa di ringraziamento nei nostri confronti, ballando e cantando, al ritmo dei tamburi, i tradizionali balli e canti samburu, turkana e masai.
E solo il week-end successivo (giorni di meritato riposo lavorativo), ecco finalmente la domenica di Oldonyiro!.
Il suono insistente dei tam-tam, l'odore prima nauseabondo e poi quasi famigliare nel ritrovarsi con tutta questa gente in un ambiente chiuso, le loro mani alzate a rendere grazie, i canti e le danze anche qui, corredate da "vestiti della festa" più colorati ed appariscenti del solito. Facemmo la nostra entrata nella chiesa di Oldonyiro per assistere alla celebrazione della Santa messa quasi in punta di piedi, ospiti, ed un po’ titubanti.



Ci accolse un Padre Rudy sorridente dall'alto del suo altare, noi un po' spaesati e i nostri sguardi che cercano tutto quello che sono in grado di captare. Ed alla presenza dell’intera comunità locale inizia così la messa e con essa una grande festa che porta con se, con una naturalezza mai vista, i doni della preghiera e della meditazione.
Terminata la funzione religiosa , fuori sul piazzale della chiesa ci attendeva poi una sorta di mercatino improvvisato: ci sono i guerrieri samburu con le loro lance, le "mame" con i loro piccoli sulle spalle, i ragazzi della scuola ed i "mze" (anziani) saggi e ciondolanti sui loro bastoni.
E sempre sole, caldo e calore, festa e ancora festa....




Nei giorni successivi il lavoro a Kipsing cominciò a farsi sentire e ci fu una prima decimazione nel gruppo a causa di malesseri e di vari acciacchi legati con molta probabilità alla grande fatica.
A Kipsing, i problemi, oltre che di tipo logistico, erano legati soprattutto all'acqua (così anche a Oldonyiro, visto che per un problema ad una turbina necessaria per pompare acqua dal fiume, per la prima settimana non ci siamo praticamente lavati...): arrivando da Oldonyiro, prima di entrare a Kipsing c'è da guadare un fiume che credo sia perennemente asciutto, senza un filo d'acqua che vi scorra nel suo letto.
Gli abitanti del luogo nel letto di questo fiume scavano...scavano alla ricerca di acqua....buche profonde anche due-tre metri con l'aiuto delle mani e di qualche rudimentale attrezzo.





E la trovano l'acqua, sporca e di color marrone, ne riempiono le loro taniche e tornano al villaggio. A pensarci bene, non è forse corretto definire Kipsing un villaggio.
A pensarci bene non esiste neppure un villaggio, non esiste un benché minimo negozietto e se non fosse per la missione, Kipsing molto probabilmente non esisterebbe....anzi, Kipsing e' la missione.
Quest'ultima occupa in quest'area una zona abbastanza vasta ed è completamente recintata elettricamente, vista la presenza nell'area di molti animali pericolosi fra cui soprattutto elefanti.




All'interno di quest'area vi sono gli edifici della scuola, i dormitori per i ragazzi e le ragazze, la mensa ed alcune costruzioni in muratura adibite a magazzino. Subito al di la della recinzione della missione, vi sono le capanne e la miseria di Kipsing.
Abbiamo voluto passare ed entrare in queste capanne. Siamo stati accolti in una magnata: al loro interno si presentano buie e fresche, essendo fatte di argilla e sterpaglia varia.
Le mame ci hanno fatto sedere nei loro pagliericci e mostrato i loro lavoretti manuali: collane, bracciali, anelli di perline coloratissime.
Ma qualcosa, nulla anzi, aveva senso.....ed il sentimento di impotenza cresceva.....i bambini piccoli.....i loro vestiti.....una magnata....poi l'altra....Cavolo!!! Ma dov'é in questo luogo la giustizia, che questa gente meriterebbe ancor piú di noi!!!
Come e dove trovano ancora la forza per la speranza?!
Ci allontanammo da quei luoghi, con la testa china sulla punta dei piedi che calpestavano quella terra viva.....un po' intontiti, ....poi d'improvviso di nuovo lo scorpione alla gola e le quasi lacrime trattenute a stento.......





Questi 24 giorni in Kenya sembrano fuggiti via in un batter d'occhio. Oltre alle cose raccontate, sono state talmente tante le esperienze forti durante questo lasso di tempo che se ne potrebbe scrivere un libro.
In ordine di apparizione: -il villaggio di San Francesco a Tigania; -Isiolo, cittá di confine divisa da religione ed etnie; -i bambini di strada di padre Francis a Meru -le sigarette Sportsman, la birra Tusker e il monte Kenya; -le agguerrite sfide a calcio con i ragazzi di Ndugu Zango e Dol-Dol da cui siamo sempre usciti sconfitti; -il fiume, la diga, la turbina ed i guerrieri a guardia di essa; ....e ancora.... -padre Rudy e il suo sorriso, padre Eusebio e la sua carica, padre Antonino e le parolacce -gli amici piú cari, da Julius a Mwangy, passando per Daniel, Paul, Stephen, Joseph e tanti altri; -le canzoni di Guccini a far da colonna sonora; Lina, presidentessa e mamma del gruppo con tanta Africa alle spalle -tutti i meravigliosi compagni di viaggio e le meravigliose serate trascorse con loro dopo le dure fatiche quotidiane. .....e così via.



Arrivati al termine di questo viaggio, L'Africa non l'abbiamo scoperta. Non era questo esattamente il nostro scopo. Con questa nuova esperienza abbiamo voluto solamente mettere in moto delle sensazioni, suscitare delle curiosità, porre dei quesiti. E quasi senza volerlo, è ora sostanzioso il bagaglio umano che tutti insieme ci siamo riportati a casa.
Che l'Africa - lo vogliamo o no - è in casa nostra. E' fra di noi. E' dentro ognuno di noi. Questo piccolo grande villaggio che si chiama mondo rende prossimi i lontani. Non esistono più i cittadini e i barbari. Siamo tutti abitanti di un medesimo, piccolo, affascinante villaggio. Dopo questo viaggio, forse ognuno di noi potrà accorgersi che per arrivare in Africa ci vuole tanto, ma basta anche poco….



MFG - I RAGAZZI DEL CAMPO 2000
Aldo, Alessandra, Anna, Antonio, Barbara, Daniela, Davide, Elena, Enrico, Fabrizio, Franco, Giancarlo, Gianni, Giovanni, Lina, Mara, Marco, Marta, Marta, Monica, Paola, Paolo, Roberta, Sara, Simona, Stefano, Tea.
Attualmente, di tutti quelli che nell’estate 2000 hanno partecipato per la prima volta al campo di lavoro in Kenya con il gruppo missionario Caritas di Cassago, nessuno si é perso.
Ci troviamo settimanalmente in sede per organizzare e gestire il lavoro che c'e' da fare anche sul nostro territorio. Durante le ultime feste natalizie abbiamo ad esempio allestito una mostra missionaria che e' andata molto bene ed ha raccolto ottimi consensi. E' stato stampato un calendario, fatto un cd-rom e un filmino dell'ultimo campo estivo e sono tante le cose ancora da fare. E' inutile dire, crediamo, che noi tutti aspettiamo solo che arrivi agosto il piú presto possibile!


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